I primi problemi di memoria sono legati al rischio di Alzheimer

Uno studio recente pubblicato sulla rivista Neurology ha reclutato adulti anziani senza significativi deficit cognitivi ma che erano preoccupati per la loro memoria.

Gli scienziati stavano cercando collegamenti tra la perdita di memoria e i segni del morbo di Alzheimer (MA). Hanno scoperto che le persone che dichiaravano di avere problemi di memoria avevano maggiori probabilità di avere livelli elevati di proteine associate al morbo di Alzheimer.

Se ulteriori ricerche confermeranno questi risultati, potrebbero aiutare i medici a rilevare la malattia in fase precoce, consentendo di iniziare prima il trattamento.

Valutazione delle capacità cognitive mediante test di memoria e pensiero

Un team di ricercatori della Harvard Medical School ha reclutato 675 anziani con un'età media di 72 anni.

Ai partecipanti sono stati innanzitutto somministrati dei test cognitivi, dai quali è emerso che non presentavano alcun deterioramento cognitivo.

Ogni partecipante aveva un partner: un figlio, il coniuge o un amico; il 65% di loro viveva con il partecipante.

I partecipanti hanno risposto a domande sulla loro memoria e sulle loro capacità di pensiero, nonché sulla loro capacità di gestire le attività quotidiane. Anche i loro partner hanno risposto alle stesse domande sui partecipanti.

Le domande includevano:

"Rispetto a un anno fa, ritieni che la tua memoria sia peggiorata significativamente?" "Rispetto a un anno fa, hai più difficoltà a gestire i soldi?" Le scansioni cerebrali rivelano i primi segni del morbo di Alzheimer Ogni partecipante è stato sottoposto a una scansione cerebrale per cercare marcatori proteici del morbo di Alzheimer, chiamati placche amiloidi e grovigli di tau.

Sebbene i meccanismi esatti che portano al morbo di Alzheimer siano ancora oggetto di studio, due chiari segnali sono associati alla sua progressione:

Le placche amiloidi sono accumuli proteici tra i neuroni. Gli accumuli di tau sono accumuli proteici all'interno dei neuroni. Entrambi questi processi limitano la capacità delle cellule di segnalarsi a vicenda. Questo porta alla morte cellulare. Col tempo, con la morte di un numero sempre maggiore di cellule, le capacità cognitive diminuiscono e il cervello può addirittura restringersi o atrofizzarsi.

La dottoressa Verna Porter è una neurologa certificata e direttrice del reparto di demenza, morbo di Alzheimer e disturbi neurocognitivi presso il Pacific Neurosciences Institute di Santa Monica, California.

Porter, non coinvolto nello studio, ha affermato che le proteine "interferiscono con la formazione della memoria sia a livello biochimico che strutturale, compromettendo l'integrità fisica delle reti neurali. I deficit di memoria osservati sono associati a cambiamenti nella struttura e nella funzione del cervello".

Nello studio attuale, il 60% dei partecipanti presentava livelli elevati di amiloide nel cervello. Le persone con livelli di amiloide più elevati avevano anche maggiori probabilità di avere livelli più elevati di tau.

Problemi di memoria e accumulo di proteine nel morbo di Alzheimer

Le scansioni cerebrali hanno mostrato che le persone che dichiaravano di avere problemi di memoria avevano livelli più elevati di tau. Il legame era ancora più forte nelle persone con livelli più elevati di amiloide.

In altre parole, le persone che soffrono di problemi di memoria hanno maggiori probabilità di presentare segni neurologici del morbo di Alzheimer, anche se sono cognitivamente sane.

L'autrice principale dello studio, Rebecca E. Amarillo, PhD, ha affermato:

"Sebbene i partecipanti non presentassero alcun deterioramento cognitivo e svolgessero normalmente le loro attività quotidiane, i loro partner erano comunque in grado di notare sottili cambiamenti avvenuti nel corso dell'anno e associati ai biomarcatori dell'Alzheimer."

"Il nostro studio ha coinvolto un'alta percentuale di persone con livelli elevati di amiloide, e quindi abbiamo potuto osservare che i problemi di memoria erano associati a livelli più elevati di tau", ha spiegato Amarillo in un comunicato stampa.

"I nostri risultati suggeriscono che indagare sul declino cognitivo soggettivo negli anziani con elevati livelli di biomarcatori della malattia di Alzheimer può essere utile per la diagnosi precoce della malattia", ha continuato. "Questo è particolarmente importante perché si prevede che il trattamento somministrato nella fase diagnostica più precoce della malattia sia il più efficace nel rallentarne la progressione".

Amarillo ha affermato che intendono continuare lo studio con dati longitudinali per comprendere come funziona questo collegamento nel tempo.

Quali sono i segnali del morbo di Alzheimer a cui fare attenzione?

Porter ha delineato i primi segnali del morbo di Alzheimer a cui prestare attenzione. Ha spiegato che le persone dovrebbero consultare un medico e sottoporsi a una valutazione della memoria da parte di uno specialista se loro o una persona cara notano che qualcuno:

• continua a porre la stessa domanda;
• dimentica una parola, una frase o un'idea durante una conversazione;
• inserisce la parola sbagliata in una conversazione, ad esempio dicendo "sedia" invece di "divano";
• trascorre più tempo a svolgere attività quotidiane, come pagare le bollette o smistare la posta;
• perde spesso oggetti o cose in casa;
• si perde mentre cammina o guida in una zona relativamente familiare;
• sperimenta cambiamenti improvvisi o inspiegabili di umore, personalità o comportamento senza una ragione apparente.

È possibile prevenire la demenza?

Mentre il declino cognitivo graduale è spesso parte del normale invecchiamento, il morbo di Alzheimer e altri tipi di demenza non lo sono.

Sebbene non possiamo influenzare alcuni fattori di rischio, come la genetica e l'invecchiamento, alcuni fattori di rischio per la demenza possono essere modificati.

Iris Blottenberg, PhD, ricercatrice post-dottorato presso il Centro Tedesco per le Malattie Neurodegenerative, non coinvolta nel recente studio, ha spiegato che i fattori di rischio modificabili "sono associati ad almeno un terzo dei casi di demenza". Questi fattori includono:

• mancanza di attività fisica;
• fumo;
• consumo eccessivo di alcol;
• diabete.

Blotenberg ha anche affermato che altre condizioni di salute possono aumentare il rischio di sviluppare demenza, come "ictus, infarto, pressione alta e obesità".

Poiché queste condizioni sono più probabili nelle persone sedentarie, che fumano e bevono alcolici frequentemente, affrontare questi problemi può ridurre significativamente il rischio di sviluppare demenza.

Blottenberg ha aggiunto che la perdita dell'udito è un fattore di rischio per la demenza perché "la stimolazione è fondamentale per il nostro cervello, in quanto permette di mantenere le funzioni cognitive. Pertanto, è altamente raccomandato l'uso di un apparecchio acustico se voi o chi vi circonda notate una diminuzione dell'udito".

Infine, l'isolamento sociale, sempre più diffuso nelle società occidentali, aumenta il rischio di demenza.

"Per noi, in quanto creature sociali, l'interazione sociale è incredibilmente importante e, in ultima analisi, rappresenta una forma importante di stimolazione per il nostro cervello", ha affermato Blotenberg.

Geir Selbeck, professore presso il Dipartimento di Medicina Geriatrica dell'Università di Oslo in Norvegia, oltre ai fattori di rischio sopra menzionati, suggerisce di evitare traumi cranici e aree con alti livelli di inquinamento atmosferico.

Selbeck, non coinvolto nello studio recente, ha spiegato che anche lo stress può essere un fattore di rischio e che quindi può essere utile trovare dei modi per ridurre al minimo o gestire lo stress quotidiano.

"In generale, è utile iniziare presto e mantenere uno stile di vita sano, ma non è mai troppo tardi per iniziare", ha affermato Blotenberg.

"È sempre una buona idea rimanere cognitivamente attivi: la stimolazione è fondamentale per il nostro cervello. Quindi, al meglio delle vostre capacità, mantenetevi attivi a livello cognitivo, sociale e fisico, ma fate attenzione a non sforzarvi troppo", ha concluso.